il neurone sintetico vuole essere una rivoluzione

da questo articolo de La Repubblica (13 luglio 2015)

Funziona come un trasformatore, convertendo segnali chimici in elettrici e quindi di nuovo chimici: in futuro il minuscolo dispositivo potrebbe essere impiantato per e utilizzato per trattare disturbi neurologici

Nel nostro cervello abbiamo qualcosa come 86 miliardi di neuroni, ognuno dei quali può formare migliaia di sinapsi. In questa enorme e complicata rete viaggiano e trovano la strada (senza quasi mai perdersi) le informazioni più diverse: da quelle visive, a quelle olfattive e uditive, a quelle che codificano un movimento, un pensiero, un ricordo. E tutto si realizza grazie ai neuroni, le cellule del sistema nervoso, che raccolgono un segnale chimico (da un neurotrasmettitore), lo trasformano in un segnale elettrico (il potenziale d’azione che viaggia lungo l’assone, il cordone dei neuroni) e lo riconvertono in un segnale chimico (un nuovo neurotrasmettitore) all’estremità opposta. Semplificando e in termini generali, è questa la catena di eventi che permette ad un’informazione di viaggiare.

Di recente, un team di ricercatori del Swedish Medical Nanoscience Centre (SMNC) del Karolinska Institutet è riuscito a mimarla creando un neurone sintetico. Sottile e lungo pochi centimetri (poco più di un polpastrello), il neurone biomimetico presentato sulle pagine di Biosensors & Bioelectronics non è fatto di materiale vivente (biologico), eppure riesce perfettamente a comunicare con cellule umane. A spiegare come funziona è Agneta Richter-Dahlfors, la ricercatrice a capo del progetto: “Il nostro neurone artificiale è costituito di polimeri conduttivi (materiali in grado di condurre corrente elettrica) e funziona come un neurone umano“. Il neurone sintetico è costituito di due parti:

  • una sensibile, costituita da un biosensore, che percepisce cambiamenti di segnali chimici;
  • ed una che trasforma questi cambiamenti in un segnale elettrico, tradotto nuovamente in un segnale chimico attraverso un costrutto assimilabile a una pompa ionica.

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Se le due estremità del neurone vengono collegate a due piastre di Petri diverse (le normali piastre da laboratorio) è possibile indurre un cambiamento chimico nella prima e osservare il rilascio di un neurotrasmettitore nella seconda. Tutto questo è possibile perché il segnale elettrico generato da un cambiamento nell’ambiente chimico nella prima capsula viene interpretato e utilizzato per guidare il rilascio di un altro trasmettitore all’altra estremità del neurone sintetico, capace di avere effetti su cellule presenti nell’altra capsula. Più o meno come farebbe un neurone reale. I ricercatori sperano ora di riuscire a miniaturizzare il dispositivo, così che possa essere utilizzato per trattare disturbi neurologici. L’idea, infatti, è che uno o più neuroni sintetici possano essere stimolati – e quindi produrre un effetto – a partire da cambiamenti chimici dell’ambiente e non solo elettrici. Dispositivi analoghi potrebbero essere impiantati e usati per recuperare funzioni perse in seguito a danno neuronale o magari essere utilizzati per produrre degli effetti a distanza, sfruttando la tecnologia wireless, spiega Richter-Dahlfors: “Il biosensore potrebbe infatti essere collocato in una parte del corpo, e innescare il rilascio di neurotrasmettitori in luoghi distanti. Potremmo immaginare sia un sistema autoregolato sia controllato da un telecomando, immaginando nuove strategie per il trattamento dei disturbi neurologici“.

D T. Simon, K. C. Larsson, D. Nilsson, G. Burström, D. Galter, M. Berggren, A. Richter-Dahlfors, “An organic electronic biomimetic neuron enables auto-regulated neuromodulation“, Biosensors & Bioelectronics, first online 22 April 2015, Volume 71, 15 September 2015, Pages 359–364.

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