Un albero artificiale 1000 volte più efficiente di quelli veri

fonte: Corriere.it

Per la quasi totalità dei climatologi, l’alta concentrazione di CO2 nell’atmosfera terrestre è la causa del riscaldamento globale e quindi dei cambiamenti climatici che stiamo sperimentando. Dunque, per contenere l’aumento di temperatura entro i limiti indicati dall’IPCC, è necessario ridurre drasticamente la quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera. Tuttavia, vista la velocità con cui sta aumentando la temperatura media del pianeta, questa soluzione da sola non sembra più sufficiente e se vogliamo sperare di raggiungere gli obiettivi occorre fare di più. Bisogna accelerare, togliendo dall’atmosfera parte dell’anidride carbonica già presente. Per riuscire in questa impresa, alla società irlandese Carbon Collect Ltd. si sono ispirati alla natura, precisamente agli alberi e alla loro capacità di assorbire anidride carbonica dall’aria tramite le foglie. Così hanno sviluppato un dispositivo chiamato MechanicalTree che si propone di diventare una tecnologia di punta per ridurre l’anidride carbonica in atmosfera. Questo “albero” artificiale è una struttura metallica alta circa 10 metri e contiene speciali “piastrelle” in grado di assorbire la CO2, che si estendono e si ritraggono in un ciclo costante di cattura e rigenerazione.

Il primo vantaggio del sistema consiste nel fatto che le future “fattorie” di questi alberi artificiali, per essere efficaci, non hanno bisogno di sorgere in corrispondenza o vicino alle fonti di emissione di CO2 come, ad esempio, una fabbrica o una centrale a carbone. Rispetto a un vero albero naturale, poi, MechanicalTree è fino a mille volte più efficiente nel rimuovere la CO2 dall’aria e la Carbon Collect ha già pianificato di iniziare con installazioni in grado di raccogliere fino a 1000 tonnellate al giorno di CO2. Ma soprattutto, al contrario di altre tecnologie simili, questa non necessita di pompe o sistemi di aspirazione elettrici costosi e a loro volta inquinanti. MechanicalTree, infatti, usa semplicemente il vento per far passare l’aria attraverso il sistema che, in questo modo, diventa una soluzione passiva caratterizzata da bassi costi di esercizio e quindi economicamente praticabile. Ma i vantaggi non finiscono qui perché l’anidride carbonica catturata dal sistema non solo contribuisce a combattere il riscaldamento globale, ma diventa essa stessa una risorsa che può essere venduta e riutilizzata in svariati settori come l’industria alimentare, delle bevande, l’agricoltura o l’energia.

Alla base della tecnologia di MechanicalTree c’è l’intuizione del professore d’ingegneria dell’Arizona State University Klaus Lackner che, nel 1999, fu tra i primi scienziati al mondo a suggerire che è possibile contrastare il riscaldamento globale catturando la CO2 dall’aria. Lackner era convinto che per affrontare il problema fosse necessario immaginare strategie ambiziose e la rimozione della CO2 dall’aria era appunto una di queste. Non a caso egli sosteneva che il suo obiettivo era «prendere un processo che richiede 100.000 anni e comprimerlo in 30 minuti». Per arrivare a questo risultato, però, ci sono voluti ben vent’anni di studi e due di progettazione. L’idea da cui tutto è partito, però, non è stata del professor Lackner ma di sua figlia Claire che doveva partecipare a un concorso di scienze di scuola media. Claire riuscì a dimostrare che si poteva catturare l’anidride carbonica dall’aria facendola reagire con l’idrossido di sodio, semplicemente usando una pompa per acquario. Padre e figlia scoprirono che con quel rudimentale dispositivo si riusciva a catturare addirittura metà dell’anidride carbonica che attraversava una provetta. Questa dimostrazione fruttò a Claire il primo premio al concorso scolastico e spinse il padre a iniziare una ricerca che ha portato a un dispositivo potenzialmente in grado di rivoluzionare il modo in cui affrontiamo la lotta ai cambiamenti climatici e al riscaldamento globale.

L’Islanda trasforma la CO2 in roccia

fonte: rinnovabili.it

Può l’anidride carbonica atmosferica trasformarsi in una solida roccia? Sì, ed è quanto sta operativamente sperimentando un team di ricerca in Islanda nell’ambito di CarbFix, un progetto sostenuto dall’Unione Europea dedicato allo stoccaggio a lungo termine della CO2CarbFix, in buona sostanza, rappresenta il processo industriale per catturare CO2 e altri gas acidi da fonti di emissione e stoccarli permanentemente come roccia nel sottosuolo e tale processo “può essere applicato in relazione alla cattura diretta di CO2 nell’aria”, come si legge nel sito del progetto islandese. L’impianto è situato nella centrale geotermica di Hellisheidi, una delle più grandi al mondo, in cui sono riunite l’Università d’Islanda, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica e la Columbia University statunitense.

L’anidride carbonica usata nel progetto è quella fornita dal vicino impianto geotermico ad alta entalpia. Il gas viene prima catturato dal vapore della centrale e poi sciolto in acqua. In pratica, stiamo semplicemente producendo acqua gassata dalla CO2″, spiega la direttrice di CarbFix, Edda Sif Aradottir. Questa soluzione viene iniettata ad alta pressione fino a 1.000 metri di profondità, all’interno di cavità rocciose dove inizia il processo di solidificazione una volta in contatto con calcio, magnesio e ferro. “Quasi tutta la CO2 iniettata è stata mineralizzata in due anni nelle nostre prime iniezioni pilota”, ha dichiarato la geologa Sandra Osk Snaebjornsdottir. Il metodo è in grado di ridurre di un terzo le attuale emissioni dell’impianto ad un costo di circa 25 dollari a tonnellata.

 

L’unico svantaggio di CarbFix è che necessita di grandi volumi di acqua desalinizzata di cui l’Islanda abbonda a differenza di zone del Pianeta: “occorrono circa 25 tonnellate di acqua per ogni tonnellata di CO2 iniettata, al momento è l’unico tallone d’Achille del metodo”, afferma Snaebjornsdottir. Plausi, ad ogni modo, sono arrivati dalle istituzioni islandese: dall’Agenzia islandese per l’ambiente e dal Ministro per l’ambiente e le risorse naturali Gudmundur Ingi Gudbrandsson che ha incoraggiato il proseguimento del progetto.