fonte: questo articolo de Il Secolo XIX
(tutti i diritti appartengono all'autore, Nicla Pancera)
La sclerosi multipla (SM) è una malattia autoimmune del sistema nervoso centrale in cui il sistema immunitario colpisce la guaina mielinica che riveste le fibre nervose nel cervello, nel midollo spinale e dei nervi ottici. Con il progredire di questo processo, che causa anche la comparsa di cicatrici (sclerosi), esse vanno via via perdendo la capacità di trasmettere il segnale elettrico agli altri nervi. Può manifestarsi in persone di qualsiasi età e condizione, ha prevalentemente un decorso cronico in cui la malattia progredisce e può determinare gravi invalidità. La SM colpisce 75mila italiani e 2,5 milioni di persone nel mondo.
Lo studio britannico, pubblicato sulla rivista Multiple Sclerosis Journal, rivela che le lesioni cerebrali tipiche della sclerosi multipla (SM) possono essere distinte da lesioni simili, ma dovute ad altre patologie, utilizzando una risonanza magnetica (RM) a 3 tesla (3T) invece che a 7 tesla (7T). Quest’ultima è un’apparecchiatura più potente che permette questa discriminazione in modo agevole ma che è ancora prevalentemente utilizzata solo per scopi di ricerca. Lo studio è stato condotto su un limitato numero di pazienti del dipartimento di neurologia del Nottingham University Hospitals (NHS) Trust: 10 soggetti con SM e 10 soggetti non SM ma con lesioni microangiopatiche nella sostanza bianca cerebrale. Utilizzando particolari sequenze di acquisizione con una RM 3T hanno mostrato che in tutti i pazienti con SM era visibile una vena centrale (lesioni tipiche della malattia) in più del 45% delle lesioni cerebrali, mentre nei pazienti con malattia ischemica dei piccoli vasi era presente una vena centrale in meno del 45% delle lesioni. Applicando la stessa analisi ad un secondo gruppo di pazienti, la discriminazione tra lesioni da SM e non SM è stata, oltre che accurata, anche piuttosto rapida, richiedendo soltanto 2 minuti per soggetto.
Riuscire a distinguere in questo modo lesioni cerebrali da SM da altre lesioni cerebrali con la RM è quindi fondamentale per la diagnosi nei casi in cui qualche lesione appaia, ma non ne sia chiara la natura. E fare la diagnosi subito e presto è molto importante perchè bisogna cercare di bloccare la malattia il più prima possibile. Ma una risonanza di una certa sensibilità conta soprattutto nei controlli di progressione della malattia, quando si valuta il “carico lesionale“; quando da un controllo all’altro compaiono nuove lesioni, vederle o non vederle, o scambiare una nuova lesione di tipo vascolare con una lesione da SM può far cambiare la terapia. Le immagini RM sono ugualmente importanti anche nel monitoraggio terapeutico, ossia nella valutazione degli effetti delle terapie.
“La novità dello studio britannico è l’esser riusciti, pur con una casistica di controlli limitata, a distinguere con grande accuratezza lesioni da SM dalle altre con un’unica sequenza abbattendo i tempi dell’esame pur mantenendo l’accuratezza“, spiega il professor Andrea Falini, Direttore dell’Unità di Neuroradiologia dell’Ospedale San Raffaele e ordinario di Neuroradiologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Falini, insieme al neurologo Massimo Filippi e alla ricercatrice Martina Absinta dell’Unità di Neuroimaging Quantitativo, costituisce uno dei numerosi gruppi di ricerca nel mondo al lavoro su questo.
Ma l’Italia potrebbe non godere pienamente del vantaggio di cui parlano gli autori dello studio, quello cioè di poter eseguire l’esame anche con le RM 3T diffuse negli ospedali senza dover ricorrere a “macchine potenti non disponibili per uso clinico“. Infatti, mentre nel resto del mondo le RM 3T sono ormai da molti anni usate per scopi clinici, in Italia purtroppo l’uso di apparecchiature con un campo magnetico sopra i 2 tesla è autorizzato solo per la ricerca (e la domanda di autorizzazione per l’installazione va richiesta di volta in volta al Ministero della Salute). E questo nonostante vi siano oltre 50 risonanze 3T giá installate negli ospedali italiani e sia già in funzione anche un’apparecchiatura RM 7T a Pisa. E così oggi accade che un neuroradiologo, anche di fronte ad un paziente per la cui patologia potrebbe essere decisivo un tipo di analisi ad alta risoluzione, deve seguire la legge e optare per una macchina a 1,5 tesla oppure limitarsi a studiare i pazienti inclusi in specifici protocolli di ricerca. Insomma, le potenzialità della ricerca rischiano di non poter essere sfruttate nel nostro Paese per via di una burocrazia che non sembra rispondere abbastanza in fretta alle sollecitazioni che provengono dalle evidenze scientifiche.