Ghost Pacer AR

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Ghost Pacer AR è un visore di realtà aumentata (AR), il che significa che sovrappone immagini virtuali al mondo reale. Quando si guarda attraverso il visore, Ghost Pacer proietta un avatar sul percorso. Questo compagno di allenamento virtuale può essere impostato per correre a un certo ritmo o anche replicare una sessione di corsa passata, nostra o di un amico. Un modo per superare letteralmente sé stessi, e guardarsi mentre lo si fa.

Non è l’equivalente di una carota sistemata su un bastone. L’avatar non si limita a restare davanti: lo si può superare, perfino seminarlo se si corre molto. È tutto controllato tramite l’app Ghost Pacer, che consente agli utenti di impostare il percorso e la velocità dell’avatar e di registrare le proprie prestazioni come altri tracker di allenamento. Si sincronizza anche con Strava, una rete di social media per corridori e ciclisti, che consente di convertire le corse di altre persone in percorsi che l’avatar deve seguire.

Dal punto di vista di dimensioni e funzioni, la preoccupazione principale è che sia abbastanza leggero e agile da essere indossato durante la corsa. Ghost Pacer sembra un paio di occhiali da sole leggermente più ingombrante del solito, del peso di soli 90 g (3,2 once). Il display ha una risoluzione di 1.280 x 720 e un campo visivo di 30 gradi. Apparentemente la batteria dura fino a 6 ore e impiega 1 ora per caricarsi tramite USB-C.

Ghost Pacer è attualmente alla ricerca di finanziamenti su Kickstarter, dove ha già raccolto oltre 150.000 dollari, superando il suo obiettivo di 25.000 dollari. Le promesse di super early bird partono da $ 199 per il modello normale e $ 219 per la versione Pro. Se tutto va secondo i piani, le spedizioni dovrebbero iniziare a luglio 2021.

FEA – analisi a elementi finiti: cenni

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FEA (Finite Element Analysis), trattasi di una metodologia di calcolo basata su approcci analitici possibili solo con le elevate capacità di calcolo fornite dai computer.
Viene identificata anche come FEM (Finite Element Modelling) o, erroneamente, FMEA (Failure Mode and Effects Analysis) – quest’ultima trattasi di una metodologia sistematica per analizzare prodotti e processi sulla base dello studio dei componenti e delle loro specifiche funzioni, allo scopo di anticipare i possibili problemi (o guasti) e trovarne i rimedi. In realtà le FEA costituiscono spesso un tassello fondamentale per soddisfare le esigenze della metodologia FMEA.
Le metodologie FEA, sviluppate inizialmente per le analisi strutturali (stress analysis) ad un livello accademico o per strutture di grandissimo impegno ingegneristico, si sono evolute, contemporaneamente alla riduzione dei costi dei computer, ad un uso più “quotidiano” e, grazie ad opportune varianti, allo studio dei vari aspetti del comportamento di modelli in varie situazioni quali per esempio la simulazione dei processi di trasformazione.
Fondamentalmente queste analisi permettono di determinare la ripartizione delle sollecitazioni in pezzi con forme per le quali non esiste una soluzione matematica completa (equazioni finite) e che, quindi, richiedevano l’impiego di analisi sperimentali. La loro origine è nell’ingegneria civile e, di fatto, la tecnica iniziale assomigliava in qualche modo all’analisi di travi (truss analysis). Il metodo si è poi evoluto, prima nell’industria aerospaziale e, a seguire, quella automobilistica e, infine, a quella dei manufatti con esigenze funzionali.
L’idea alla base della FEA è di dividere in parti relativamente semplici, per l’appunto gli elementi finiti, una struttura di qualsiasi complessità di forma.

La geometria di ogni elemento è quindi descritta da un certo numero di nodi, tipicamente situati ai vertici dell’elemento, in alcuni casi anche sul suo contorno e, talvolta, persino al suo interno. Nel caso classico dell’analisi statica lineare (la forma più semplice) il movimento di ogni punto di ciascun elemento è assunto come funzione nota dei movimenti dei nodi; ciò permette di definire la rigidità dell’elemento e di calcolare il comportamento dello stesso in funzione dell’applicazione di una serie di carichi bilanciati. Poiché gli elementi sono connessi attraverso i nodi comuni, si trova la rigidità degli elementi che contornano un nodo relativamente al suo spostamento e allo spostamento degli altri nodi degli elementi al contorno. Se ciò è ripetuto per ogni nodo del modello, si ottiene una serie di equazioni simultanee che possono essere risolte per determinare lo spostamento di tutti i nodi.

La matematica di questo tipo di equazioni si identifica con il calcolo matriciale. In termini semplici, la matrice è un insieme di numeri disposti in una tabella per righe e per colonne dove ogni numero è identificato da due indici per indicare rispettivamente la riga e la colonna. Il calcolo matriciale è quindi lo studio sistematico delle operazioni che si possono eseguire su queste matrici.
Nel caso specifico, i valori delle coordinate dei nodi sono sistemati in ciò che è tipicamente chiamata matrice B di ogni elemento. Un’altra griglia di numeri forma la matrice D con le proprietà elastiche del materiale. Una serie specifica di moltiplicazioni e divisioni trasforma le matrici B e D nella matrice di rigidità K. A sua volta quest’ultima è assemblata in una matrice di riferimento del manufatto intero. Elementi specifici di questa matrice sono combinati con i carichi e i vincoli esterni. Dopo i calcoli si giunge così alla determinazione degli spostamenti nodali, quindi delle deformazioni (strains) che, assumendo la linearità di comportamento elastico del materiale, si traducono direttamente in sollecitazioni (stress) sullo stesso.
Nel campo ingegneristico della rispondenza meccanica di una struttura, l’uso più comune del metodo FEA è per le analisi elastiche statiche lineari in cui il modello elastico del materiale si può assumere costante nell’intervallo di sforzi/deformazioni considerato e le deformazioni sono sufficientemente piccole da non modificare sostanzialmente la geometria. In realtà esistono almeno due tipi di non linearità di comportamento anche per le analisi di struttura: non linearità geometrica e non linearità del materiale.

La non linearità geometrica si produce quando le distorsioni assumono un valore tale da modificare la linea di azione delle forze. In genere, per i polimeri si assume che quando la deformazione supera l’1.5% l’accuratezza dei risultati peggiora molto rapidamente a meno di utilizzare elementi particolari. Classicamente, questa mancanza di linearità si risolve applicando i carichi con gradualità e modificando la geometria dopo ogni calcolo intermedio. Ciò complica moltissimo le cose e, sebbene per le materie plastiche la situazione di deformazioni relativamente grandi è molto frequente, spesso analisi strutturali di supporto alla progettazione di manufatti ignorano questa problematica.
La non linearità del materiale si manifesta quando il modulo elastico varia con la sollecitazione o quando si hanno deformazioni da scorrimento viscoso (funzione del carico e del tempo). Sfortunatamente, ancora una volta i termoplastici sono il miglior esempio di questa complessità di comportamento. In queste condizioni di non linearità, una classica analisi FEA richiede di iniziare con un modulo stimato che deve poi essere variato in modo iterativo in funzione dei risultati. Per questo motivo le analisi di rigidità con i materiali plastici richiedono l’assistenza di uno specialista in analisi strutturali che sia in grado di decidere quali elementi e assunzioni utilizzare. La conoscenza dei potenziali problemi del modello e una buona comprensione del comportamento dei materiali plastici sono quindi essenziali.
Anche un’accurata analisi di stress è raramente in grado di concludere un’attività di progettazione che richiede sempre la capacità di giudicare che i carichi siano stati applicati correttamente e che le proprietà del materiale siano sufficientemente ben descritte. Fatte salve queste verifiche, l’analisi strutturale è in grado di rimuovere le maggiori incertezze nello sviluppo di un progetto di un manufatto.